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CORONAVIRUS: RESPONSABILITA’ AMMINISTRATIVA DELL’IMPRESA

Le imprese che sono chiamate, da normative, protocolli e linee guida, ad adattare la propria struttura organizzativa e il modo di gestire le prestazioni lavorative per garantire la tutela della salute dei lavoratori.

Confindustria ha realizzato un documento (Position Paper) dal titolo: “La responsabilità amministrativa degli enti ai tempi del COVID-19. Prime indicazioni operative”, nel quale vengono indicati il profilo dell’adeguatezza dei modelli organizzativi ex D.Lgs. 231/2001 in relazione all’emergenza COVID-19, i connessi obblighi per il datore di lavoro e l’azienda, il ruolo dell’Organismo di vigilanza e la necessità di focalizzare l’attenzione sulla corretta implementazione delle varie misure anticontagio previste da norme e protocolli condivisi.

Nel Position Paper di Confindustria, con riferimento al tema della responsabilità 231 dell’impresa, si indica che “il COVID-19 determina o amplifica alcuni potenziali profili di rischio che, per chiarezza espositiva, possono essere distinti in due tipologie: indiretti e diretti”.

Riguardo ai rischi indiretti si indica che l’epidemia “può rappresentare un’ulteriore ‘occasione’ di commissione di alcune fattispecie di reato già incluse all’interno del catalogo dei reati presupposto della disciplina 231”. 

Tuttavia accanto ai rischi indiretti, l’epidemia ha determinato l’insorgere di un rischio diretto per le imprese, ovvero quello conseguente al contagio da COVID-19; un rischio che coinvolge indistintamente tutte le imprese, così come tutta la collettività, e che si ritiene opportuno trattare nell’ambito della responsabilità 231.

Ciò che si richiede al Modello 231– continua il documento – è “di prevedere il complesso dei presidi generali idonei ad assicurare, a valle e in loro attuazione, un valido ed efficace sistema gestionale, che contempli tutte le specifiche misure necessarie per l’adempimento degli obblighi giuridici a tutela della salute e sicurezza dei lavoratori”.

Il discorso è diverso “per quelle ipotesi in cui le imprese abbiano deciso di declinare, già all’interno del Modello, i presidi e i protocolli specifici in materia di salute sicurezza sui luoghi di lavoro: in tal caso, andrà valutata, caso per caso, l’opportunità di aggiornare tali procedure alla luce delle misure anti-contagio individuate dalle Autorità pubbliche nei provvedimenti normativi che si sono susseguiti e nel Protocollo sottoscritto dal Governo e dalle parti sociali. 

Al di là di queste situazioni specifiche, l’esposizione dei lavoratori al rischio da contagio nei luoghi di lavoro determina, per il datore di lavoro, l’obbligo di “predisporre le adeguate misure che tutelino i lavoratori da tale rischio, ai sensi dell’articolo 2087 del codice civile”.

I datori di lavoro non hanno a disposizione le esperienze e le tecniche consolidate richieste dall’art. 2087 c.c., nonché le competenze scientifiche necessarie a valutare adeguatamente un rischio di tal genere e le sue conseguenze e, quindi, per decidere autonomamente le misure necessarie a contenere tale rischio.  

Dunque l’individuazione delle misure generali di contenimento e di prevenzione da adottare nelle organizzazioni produttive è demandata alle Autorità pubbliche, che dispongono di informazioni e competenze necessarie a valutare il rischio e individuare le misure necessarie per farvi fronte. Le Autorità pubbliche hanno infatti individuato misure di contenimento del contagio, contenute in diverse fonti (decreti-legge, DPCM, Protocolli condivisi di regolamentazione delle misure e Protocolli specifici, ad esempio per i cantieri o per il settore del trasporto e della logistica).

Il datore di lavoro è tenuto ad adeguarsi a tali prescrizioni, implementando le misure organizzative necessarie per dare attuazione alle misure anti-contagio previste dalle fonti richiamate e, con particolare riferimento al Protocollo di sicurezza, quelle in tema di:

  • informazione: tutti i lavoratori e chiunque entri in azienda devono essere informati in ordine alle disposizioni delle autorità e con riferimento al complesso delle misure adottate dal datore di lavoro, mediante avvisi consegnati o affissi ne luoghi aziendali;
  • attività giornaliere di pulizia e sanificazione degli ambienti;
  • precauzioni igieniche personali;
  • dispositivi di protezione individuale per il personale;
  • gestione degli spazi comuni (es. mensa, aree fumatori) e rispetto delle distanze interpersonali;
  • definizione di una diversa organizzazione aziendale (turnazione, trasferte e smart working);
  • entrata e uscita di dipendenti e fornitori; limitazione degli spostamenti interni, riunioni, etc;
  • gestione dei casi di presenza di una persona sintomatica in azienda;
  • prosecuzione nella sorveglianza sanitaria, in collaborazione con il medico competente e il RLS”. 

Per un’efficace e corretta implementazione delle misure dovrà essere predisposto un protocollo aziendale, che recepisca le misure contenute nel Protocollo di sicurezza. 

Nel sistema 231 l’Organismo di vigilanza (OdV) ha il compito di “vigilare sulla corretta ed efficace implementazione del Modello esistente, nonché delle misure attuate dal datore di lavoro in ottemperanza alle prescrizioni delle Autorità pubbliche”.

È opportuno che l’OdV si accerti che il quadro normativo di riferimento, collegato all’evoluzione dell’emergenza, sia costantemente monitorato dall’impresa e ottenga in modo tempestivo dal datore di lavoro, dalle funzioni aziendali coinvolte (es. risorse umane, legale) e dagli organi preposti alla gestione del rischio (es. medico competente, RSPP) adeguati flussi informativi sulle misure concretamente implementate all’interno dell’impresa in chiave anti-contagio, al fine di valutarne l’adeguatezza rispetto ai provvedimenti emananti.

In definitiva nel contesto dell’emergenza sanitaria una completa ed effettiva compliance aziendale risulta importante per garantire un’adeguata tutela della salute dei lavoratori ed escludere profili di responsabilità dell’impresa.

Alla luce delle considerazioni sulla natura straordinaria e imprevedibile della pandemia in corso e sull’assenza delle necessarie competenze tecnico-scientifiche in capo ai datori di lavoro, è ragionevole sostenere che “vadano esclusi profili di responsabilità, anche in chiave 231, in capo al datore di lavoro e all’impresa che abbiano adottato e concretamente implementato le misure anti-contagio prescritte dalle Autorità pubbliche per far fronte al rischio pandemico”. 

Si segnala che anche l’INAIL – con la circolare n. 22 del 20 maggio 2020, “è intervenuta sul tema della responsabilità civile e penale del datore di lavoro per fornire alcuni chiarimenti. In particolare, l’Istituto ha chiarito che il riconoscimento delle infezioni da Covid-19 dei lavoratori come infortunio sul lavoro, ai sensi dell’art. 42 del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18 (cd. DL Cura Italia) e della circolare Inail stessa del 3 aprile scorso, non comporta automaticamente l’accertamento della responsabilità civile o penale in capo al datore di lavoro”.

 Qui il documento di Confindustria. 

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